2. il debito pubblico è anche un credito image
Le affermazioni della pubblicistica sopra citate 1), 2), 3)  fondano la loro forza su un artificio retorico, che accomuna il debito di uno Stato al debito di un padre di famiglia o di una impresa (cosa già diversa) e genera un facile consenso suggerendo all’opinione pubblica e ai molti policy maker poco esperti schemi di ragionamento parziali ed erronei.
Una elementare confutazione di tale assimilazione espressa dalla penna certo non incolta di Paul Krugman (in realtà già concepita almeno dal XVIII secolo) non viene mai diffusa, tanto meno spiegata. Come scriveva J.F. Melon nel 1735 nel suo Essai politique sur le commerce con elementare esercizio di logica chissà perché inattingibile ai media moderni (pp 232-233, www.archive.org), "Les dettes d’un Etat sont des dettes de la main droite à la main gauche, dont le corps ne se trouvera point affoibli, s’il a la quantité d’alimens nécessaires, & s’il sait les distribuer. Il parut en 1731 un Mémoire Anglois, pour prouver qu’un Etat devenoit plus florissant par ses dettes."
Ovviamente è oggi possibile articolare più approfonditamente quello statement.
La principale confutazione di Krugman si riassume nel dato assai semplice che mentre un padre di famiglia è titolare del debito, ma non possiede il credito di contropartita, una economia nazionale possiede tanto il debito quanto il credito, e i due dati si elidono. Debitori e creditori sono membri della medesima economia nazionale, al netto del debito verso l'estero. Onde una economia nazionale, nelle grandi linee, non soffre nel suo insieme della presenza di debito pubblico, e occorrerebbe casomai discutere di questioni sottostanti quali l’impiego e gli effetti del debito, le condizioni macroeconomiche e la distribuzione del reddito che lo generano, la posizione netta di un paese sull’estero e le sue determinanti. E dei processi di contrazione o di espansione della spesa aggregata che l’emissione di debito innesca. Questioni importanti ma non cruciali nel contesto odierno, e che qui ci si deve limitare a enunciare.