5. l'emissione di moneta non genera necessariamente inflazione image5. l'emissione di moneta non genera necessariamente inflazione image5. l'emissione di moneta non genera necessariamente inflazione image
L’assunto implicito più importante che ostacola il finanziamento diretto del Tesoro da parte della banca centrale è che la moneta generi inflazione (un tempo era che la moneta dovesse avere una base metallica, di per sé finita e dunque era finita anche la quantità di moneta). Un dato sotto gli occhi di tutti per anni è stata la infondatezza di un nesso stretto e necessario tra moneta e inflazione; è possibile in particolari condizioni, certamente, ma non è fenomeno necessario e non è fenomeno sul quale non si possa intervenire.
La crisi del 2008 e poi in forma parossistica quella pandemica, come anche il caso del Giappone, per citare casi recenti noti a tutti, hanno mostrato che ciò non è vero necessariamente. Quantità senza precedenti di base monetaria sono state create per una dozzina di anni senza nessuna inflazione e con casi o timori di deflazione dei prezzi. Peraltro, non solo quantità eccedenti di moneta eventualmente esistenti possono rallentare da sole in molti casi la loro velocità di circolazione - il nostro tempo insegna -, adeguando automaticamente la entità dei flussi di spesa, o dirigersi in circuiti diversi – attività finanziarie e immobiliari, il che è un problema, evitabile anch'esso -, ma come ogni banchiere centrale sa quantità di moneta giudicate eccedenti possono facilmente essere sterilizzate. I flussi monetari di spesa, ovvero ciò che conta, possono essere regolati dalle autorità di politica economica, Tesoro e banca centrale, qualunque sia la quantità di moneta emessa, sterilizzandoli in vari modi.
Certamente, una abbondante liquidità rappresenta una condizione di possibilità di spirali inflattive, sebbene siano storicamente rilevanti casi di spirali dei prezzi che eccedono grandemente la dinamica della moneta. Ma solo in presenza di altre condizioni e se le autorità di politica economica non ne prevengono l’innesco dell'inflazione con politiche di coordinamento e amministrative, nonché di governo dei flussi monetari di spesa nell’economia reale. È un punto che andrà chiarito e approfondito meglio e che in altra sede è stato indicato col termine leadership di convenzioni, derivante dalla natura sostanzialmente di convenzioni delle dinamiche abnormi dei prezzi.
L’assenza di un legame stretto e necessario tra moneta e prezzi per complessità di ordine materiale e culturale non è una eccezione del nostro tempo. Chi fa storia economica non è sorpreso dell’apparente paradosso degli ultimi decenni. Si è presentato altre volte nella storia. Il caso forse più significativo è la lunga deflazione dei prezzi dell'ultimo quarto del secolo XIX. Ci sono ragioni chiaramente identificabili di tale connessione lasca tra moneta e prezzi, di ordine macro e microeconomico, a partire dal fatto che l'allargamento della scala di produzione e le innovazioni introdotte con gli investimenti riducono il costo di produzione.
In sostanza, dunque, l’emissione di biglietti correttamente governata non ha grandi limiti se non la disponibilità di risorse e la dinamica di alcuni altri obiettivi rilevanti. Dopo Abbati, dopo Lerner, dopo la dichiarazione di inconvertibilità del dollaro, e per certi versi dopo Stringher - l'uomo che fece grande la Banca d'Italia - e alcuni suoi precursori in Italia, si è compresa del tutto la natura unicamente fiduciaria del biglietto, strumento la cui emissione è libera ma condizionata alle variabili obiettivo della politica monetaria, livelli di attività, prezzi, cambio, bilancia dei pagamenti, investimenti, finanza pubblica.
La creazione di base monetaria da parte della banca centrale gode di margini di libertà indiscussi che anche solo due decenni fa non avrebbero trovato largo consenso, benché debba essere regolata attentamente e praticata con accortezza tecnica.
Ciò dota la politica economica di uno strumento di potenza straordinaria, che mette in sicurezza e in buona misura sostituisce il debito pubblico; può attivare, all’interno di una regolazione rigorosa, tutti i flussi di spesa necessari per creare una convenzione espansiva, uno stato di fiducia con consumi e investimenti in stabile espansione, creando il contesto di possibilità per il ritorno a politiche non sottrattive e di ritorno a una crescita sostenuta e, si spera, riqualificata, anche con il superamento di quella che è stata definita società dello scarto.
Si tratta di una fondamentale condizione di possibilità, non è condizione sufficiente. Ma solo su quella condizione basilare è possibile costruire politiche di crescita qualificata. L’emissione di titoli di debito pubblico diviene a quel punto uno strumento praticabile ma non necessario per sostenere l’espansione; e, come correttamente indicava Abba Lerner, uno strumento idoneo soprattutto a sottrarre liquidità agli agenti piuttosto che a espanderne il potere di acquisto.