4. debito pubblico. il nodo è la banca centrale image4. debito pubblico. il nodo è la banca centrale image
Ancora, in tema di confutazioni principali della visione della retorica costantemente proposta, un padre di famiglia non può emettere moneta per ripagare il debito. Lo Stato sì, può, direttamente o attraverso la banca centrale cui delega tale funzione. Tale emissione avviene in corrispondenza di un deficit di qualche organo di sufficienti dimensioni, ad esempio il Tesoro o il sistema bancario, o il complesso dei privati,  o l'estero. Tale emissione è condizione essenziale per espandere la spesa aggregata e dunque il reddito, onde stimolare gli investimenti e assorbire l’incremento di prodotto che da essi deriva. È tale espansione sicura, ben calibrata e stabile che crea lo stato di fiducia, o meglio la convenzione espansiva, da cui scaturiscono gli investimenti e la crescita. Sono i flussi di spesa monetaria, non altro, la variabile determinante; l’emissione del titolo di debito pubblico è solo una delle determinanti dei flussi di spesa, determinante spesso superflua e anche irrazionale. Il finanziamento diretto del Tesoro da parte della banca centrale è la strada maestra per la soluzione della questione del debito pubblico.
Tra le numerose implicazioni della cruciale facoltà dello Stato di emettere moneta – in genere attraverso la banca centrale da esso delegata – ai fini del dibattito sul debito pubblico, se ne citano qui solo due. Poiché a fini macroeconomici rileva esclusivamente il flusso monetario di spesa, non la emissione o meno di titoli di Stato, in condizioni ordinarie di disponibilità di risorse inutilizzate, il finanziamento diretto del Tesoro o della spesa in base monetaria (in sintesi, i biglietti, senza scadenza e interessi, se non convenzionali) può sostituire in tutto o in parte l’emissione di titoli di Stato. In tal modo, il titolo con scadenza e cedola 1) scompare, oppure 2) viene controllato l’interesse da pagare sul debito pubblico e dunque si risolve il problema della sostenibilità del debito pubblico correttamente emesso.
Il caso italiano illustra in modo emblematico l’importanza del controllo del tasso di interesse sul debito pubblico. Il bilancio pubblico italiano ha avuto un saldo primario attivo per un trentennio circa, con pochissime eccezioni puntuali in occasione di gravi crisi internazionali o della vicenda pandemica. Ciò significa che il bilancio pubblico è stato ordinariamente in attivo, lo Stato spende per servizi, investimenti e acquisti meno di quanto procura il gettito fiscale. Entra in disavanzo solo per la spesa per interessi sul debito pubblico. Nessun lassismo del Tesoro e della politica in termini aggregati, a dispetto della vulgata. La rilevanza del tema dell'avanzo primario, sempre evocato e mai spiegato, risiede nel fatto che sul tasso di interesse, cioè l'onere del debito pubblico, si può intervenire in modo significativo, con la tassazione ad esempio, o con altri strumenti, elettivamente di politica monetaria, come si sta osservando da anni. Se si abbatte l’interesse sul debito, il bilancio italiano torna rapidamente in attivo salvo evenienze eccezionali.
Uno studio assai semplice e chiaro di Antonino Iero ha mostrato come in effetti l’impennata del debito pubblico italiano sia stata determinata dalla regolamentazione che ha impedito alla banca centrale dal 1981 in poi di controllare l’interesse sul debito pubblico, anche per il concorso di preoccupazioni contingenti e nella perfetta buona fede dei protagonisti. In tempi ordinari, fatta salva l’eccezione della pandemia, con la semplice misura del ripristino del controllo della banca centrale sull’interesse del debito pubblico si riporta (e si sarebbe potuto riportare in passato) il bilancio italiano in attivo e si mette in totale sicurezza lo stock di debito pubblico esistente. Stabilmente. Senza sacrifici, senza tagli di spesa e politiche sottrattive. Senza effetti depressivi sul reddito. Ripristinando spazio per investimenti pubblici e aumento del potere di spesa dei consumatori.
Ovviamente, vi sono complessità da considerare, che qui si devono omettere. Nulla di insuperabile. Il punto cruciale e determinante è quello espresso sopra.
In sintesi, una corretta politica monetaria può influire in modo determinante, e al limite ridurre a zero (oggi anche sotto zero) l'interesse sul debito pubblico e l'emissione di titoli di Stato.
Finché la politica monetaria non è chiamata a cooperare al controllo di una spirale inflazionistica, il nodo del debito è tenuto a freno da e risiede in realtà nella banca centrale. L'inflazione è fenomeno di estrema complessità - purtroppo usualmente trascurata da analisi superficiali -, ma le spirali inflazionistiche non sono una conseguenza diretta e inevitabile delle espansioni monetarie. Ancora, le spirali inflazionistiche possono essere controllate con politiche fiscali, normative e condizionali assai rapide e potenti. Il ricorso alla politica monetaria e ai tassi per il controllo della inflazione è una scelta, non una necessità.